venerdì 17 aprile 2009

Napoletani

Torno raramente al mio paese di origine. Di solito per i matrimoni. O per i funerali. Stavolta era l'occasione meno felice. Mia zia se n'è andata. Il ricordo che mi resta di lei è quella compostezza da matrona meridionale che le conferiva un potere carismatico unico tra quattro sorelle napoletane. I suoi talleur neri che ha saputo sempre indossare con portamento egregio. E il rossetto rosso fuoco sulla carnagione chiarissima. I capelli biondo platino e le risate sommesse. L'educazione con cui salutava e rispondeva “buonasera” alle signorine buonasera e “buongiorno” agli annunciatori dei tg.

Uscendo dall'autostrada a Caserta Sud e proseguendo verso Caivano ti accolgono due nigeriane seminude proprio sotto il cartellone “Benvenuti a Caivano, città di pace”.
E ti accolgono pure le parole di Travaglio e De Magistris. Sei un pazzo, mi direte. Invece proprio lì, sulla strada che conduce al centro di Caivano, poco prima del Parco Verde – la zona di spaccio a cielo aperto di cui parla Saviano nelle prime pagine di Gomorra – sorgono quei capannoni vuoti e inutili che De Magistris e Travaglio hanno spesso usato per spiegare come si mangiano i soldi dei finanziamenti dell'unione europea. Si presenta il progetto, si intasca la prima tranche di soldi, si comincia a costruire il capannone, si intasca il resto dei soldi. Quello che resta poi è un capannone abbandonato. Un pezzo di verde cancellato. Un po' di brutto in più. Qualcuno più ricco e più disonesto. Parecchi più poveri.

Il viaggio a Caivano mi ha lasciato con un po' di amaro in bocca. La sensazione strana che si ha quando a decine di domande non riesco a trovare nemmeno una risposta convincente.
Un cartellone fuori la sede del Pd locale ricorda che la maggioranza in consiglio comunale a due anni dalle elezioni non è ancora riuscita a mettersi d'accordo per eleggere la giunta.

L'affetto e il calore umano che avverto intorno alla mia famiglia che ha subito questo lutto è spesso. E' sincero? Credo di sì. Il calore che ti dà la gente lo puoi quasi strofinare addosso.
Poi dai un'occhiata al traffico e a quell'irrispettoso rumore di clacson che – a me e mio fratello che non siamo abituati – fa aumentare il battito cardiaco.
“Ma non si muore d'infarto a fine giornata qui?” chiedo a mio cugino.
Lui mi spiega che ci si fa l'abitudine. E mi spiega inoltre che tutti strombazzano pur sapendo che – per dispetto – l'automobilista davanti a noi rallenterà.

Poi rivedo tutto quell'affetto. E i motociclisti senza casco. E i ciclisti che occupano la carreggiata. E i clacson degli automobilisti. E le corna che fanno i ciclisti. E il pane caldo. E le mozzarelle di bufala.

Napoli non è solo malcostume. Sono nato lì, anche se l'ho vissuta così poco.
Napoli è anche Luigi De Magistris. Il mio amico Antonio, napoletano trapiantato altrove anche lui, mi ha detto che a De Magistris affiderebbe senza preoccupazione il portafogli.

Mi sono detto che solo un napoletano sa giudicare un altro napoletano. E allora lo voterò con ancor maggior convinzione.


mercoledì 1 aprile 2009

Sfregiati

Ho spesso scritto i miei post sulla scia emotiva di una porcata. Ed è così anche oggi, quando leggendo le bacheche Facebook delle persone che stimo mi imbatto in questa notizia: Fitto indagato (e si sapeva), Alfano manda gli ispettori a Bari. Sì, sembra un pesce d'aprile. Invece questa vomitevole solidarietà tra ministri è autentica. Il ministro della giustizia manda gli ispettori nel tribunale che sta indagando il collega agli Affari Regionali. E' vergognoso, eppure è tutto vero.

Da discutendo.ilcannocchiale.it riporto l'invidiabile carriera giudiziaria del faccino acqua e sapone di Raffaele Fitto “[...] Raffaele Fitto, è stato rinviato a giudizio con l'accusa di concorso in turbativa d'asta dal Gup del Tribunale di Bari. I fatti si riferiscono a qualche anno fa, quando il Ministro era ancora Presidente della Regione Puglia, e avrebbe favorito la vendita della "Cedis" (per 7 milioni, anzichè i 15 di valore stimato) ad un acquirente "predeterminato". Inoltre, per Fitto pende, sempre davanti al Gup di Bari, una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione, falso e illecito finanziamento ai partiti: Fitto avrebbe intascato una tangente di 500.000 euro, sottoforma di finanziamenti per la campagna elettorale delle Regionali 2005, dal Gruppo Angelucci (coinvolto anche negli scandali sanità di Abruzzo e Lazio) per l'affidamento dell'appalto di gestione di 11 residenze sanitarie assistite dalla Regione Puglia. Indagine per la quale nel Giugno 2006 fu chiesto anche l'arresto di Fitto, respinto dal Parlamento, ovviamente [...]”.

Quello che continua a credere in Berlusconi e nel Popolo della Libertà provvisoria è un Paese sfregiato. Che solo pochi anni fa si indignava alla pronuncia del nome di Craxi – di un criminale morto latitante – e che oggi invece vota per il 40% un partito che annovera proprio Craxi tra i padri fondatori. E non si vergogna più a proclamarlo.

Ho sempre riposto fiducia in Marco Travaglio, ma quando lo sentivo dire che oggi l'Italia è sfregiata non gli ho mai creduto. Quando diceva che quindici anni fa si vincevano le elezioni glorificando Di Pietro e oggi si vincono le elezioni beatificando Mangano, non volevo crederci. Nel senso, speravo che il fulcro dei nostri mali fosse altrove.
Invece è lì. Oggi siamo assuefatti all'illegalità. Quel desiderio di giustizia, la pretesa che chi ci governa sia immacolato (non solo dal punto di vista penale, ma anche da quello etico e sociale) non c'è più. La folla che tentava di linciare Scalfaro ai funerali di Falcone oggi – se venissero uccisi Genchi o De Magistris – probabilmente continuerebbe a guardare il Grande Fratello.

Lo noto parlando con la gente. Siamo rassegnati. Un collega ieri cercava di spiegarmi che nella parola politica sta già l'accettazione del malaffare. Non so dove l'abbia sentito, o letto. Magari si sta intervenendo anche sulle parole. Orwell in “1984” lo prediceva.

Lo scoramento c'è, non lo nego. Nel mio piccolo continuerò a denunciare ogni porcata della nostra classe politica – per quanto possa significare. Se solo una persona leggendo si indignerà e si rimboccherà le maniche cercando di dare il proprio contributo al cambiamento, ne sarà valsa la pena. E questo mi fa sentire meglio.