sabato 21 novembre 2009

Sguardi da bicicletta



Sulla mobilità in bicicletta è stato scritto molto, da persone ben più competenti di me. Poco ho trovato sugli sguardi dei ciclisti. Quasi nulla sugli sguardi dei ciclisti tra loro.

Il ciclista lidense esce alla mattina consapevole che rischia la vita, o rischia di tornare a casa senza più l'uso delle gambe, come è successo alla mia splendida amica Raffaela.

Il ciclista che ti vede mentre pedala sul marciapiede lo pensa. Sorride, capisce che sei più giovane di lui, guarda oltre e svolta.

La coppia di ciclisti della domenica – marito e moglie sulla quarantina – scruta la tua bici, controlla la comodità della seduta. Pensa: non siamo gli unici pazzi ad andare in bicicletta oggi. Poi nota che dietro il sellino hai un grosso cestino dove tieni la spesa e la borsa della palestra e intuisce che la bici potrebbe non essere messa in strada solo la domenica. Poi pensa a tutte le cose che tiene nel portabagagli dell'auto e si dice che è impossibile. Non seguo il loro sguardo mentre, all'ora di pranzo, lo ipotizzano a tavola. Ovviamente.

Lo sguardo del ciclista con caschetto, tuta stretta e sponsorizzata è raggiante. E' lui l'unico ad alzarti il pollice, soprattutto quando stai per perdere l'equilibrio dal troppo peso che hai caricato sul cestino posteriore.

Lo sguardo che mi piace di più è quello del senegalese che usa la bicicletta perchè non può permettersi l'automobile. Di primo acchito non ti ritiene povero, la tua bici si difende. Poi vede che vai a farci la spesa, e allora capisce che sei povero quanto lui.

Sono povero quanto te.
In un territorio pianeggiante come quello di Ostia, dai numerosi viali larghi, monto in bici e rischio la vita ogni giorno.
Sono povero quanto te.

(liberamente tratto da personali esperienze in bicicletta)

martedì 10 novembre 2009

Strategia anti-omofobia: "Fatevi i fatti vostri"

Nella schizofrenia della politica réclame non poteva mancare lo spot anti-omofobia. Ovvero: come ti affosso le leggi contro l'omofobia ma ti ci piazzo una bella pubblicità per farti contento e mazziato. Ebbene, mazziato sì. Contento no.

Ecco lo spot. Guardatelo con attenzione.



Il messaggio è facile da decifrare. Stai per schiattare, figuriamoci se ti preoccupi dell'orientamento sessuale del medico. Ritengo che non ci preoccuperemmo nemmeno del colore della pelle, della sua religione. Di fronte al medico che deve salvarmi la vita - azzardo - potrei chiudere un occhio persino sul fatto che sia Rom.

Ora, è questo il messaggio che si aspettano le minoranze a cui al momento in Italia riserviamo i peggiori trattamenti - a partire ovviamente dal riconoscimento dei diritti civili per giungere alla tranquillità di camminare mano nella mano col proprio partner senza mettere in preventivo una bella dose di sprangate?

No, il messaggio non mi piace. Il don't tell don't ask non risolve il problema. L'omofobia sguazza nella mancanza di conoscenza reciproca.

E' uno spot dannoso, che induce un gay non dichiarato a reprimersi.

Avrei preferito pure un semplice bacio gay.



Cara Carfagna, c'erano cose in televisione che sapevi fare molto meglio.