venerdì 21 agosto 2009

Noi sogniamo di cambiare il mondo (di Riccardo Luna)



Pubblico l'editoriale di settembre di Riccardo Luna, direttore di Wired.

Noi siamo quelli che sognano di cambiare il mondo. E qualche volta ci incontriamo per farci compagnia. I più fortunati si vedono una o due volte l'anno sotto una strana bandiera che si chiama TED. La sigla vuol dire Technology Enterteinment Design ma in italiano io la tradurrei così: Tanta Energia Disponibile.

A luglio quella bandiera si è posata a Oxford, tra castelli, prati scintillanti e teatri shakesperiani. Ottocento persone o giù di lì, in un turbinare di idee.

Qualcuno ha scritto un tweet:"Le idee sono il nuovo rock'n'roll e questa è la nuova Woodstock".

C'era l'inventore di una bottiglia che rende potabile l'acqua di fogna. Il ragazzo del Malawi che ha costruito mulini a vento con i rifiuti, il ricercatore che sta sperimentando la corrente elettrica senza fili. E poi il premier che ha scoperto che internet porta la pace (maddai?), il professore che pensa di trasformare Guantanamo in una nuova Honk Kong, il giovane geek che sta lavorando perchè i computer siano davvero facili e per tutti. C'era un altro mondo, sembrava un universo parallelo dove tutto è possibile, difficile sicuramente , ma possibile.

Quando è salito sul palco un giovane rapper, qualcuno ha pensato: che c'entra l'hip hop?

E allora lui ce l'ha spiegato, ci ha raccontato che si chiama Emanuel Jal, ma tutti lo conoscono come WarChild, perchè era uno dei bambini della guerra del Sudan. La guerra gli ha portato via madre, fratelli, sorelle e a otto anni lui era già un soldato e voleva ammazzare tutti. Finchè un giorno ha incontrato Emma McCune, una volontaria che ha salvato lui e altri 150 war children. Sono passati 15 anni. Emma è morta mentre Emauel gira il mondo con la sua musica per raccogliere fondi per costruire una scuola in Sudan da dedicare a lei.

"Sono disposto a morire per l'educazione dei bambini africani". Non era una battuta, è quasi un anno che Emanuel vive mangiando solo a cena, come fanno in Sudan, e dona la sua colazione e il suo pranzo alla scuola che verrà.

Allora, come nell' "Attimo fuggente", uno si è alzato:"Io ci metto 10mila euro".
E poi un altro "Io faccio strumenti musicali , e ve li dono".
E un altro: "Noi facciamo i telefonini, sono vostri".
E la superstar del design ah aaggiutno:"Io faccio sedie le farò per voi".
E allora tutti, ma proprio tutti, hanno ballato sulle note rap di Emanuel, mentre qualcuno ha pianto di gioia.

Noi siamo quelli he sognano di cambiare il mondo, e godiamo quando qualcuno ci riesce perchè sì, a volte, qualcuno ce la fa.


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